Montesarchio: “(Ri)veliamoci, Donne!”

Redazione
Montesarchio: “(Ri)veliamoci, Donne!”

“Un disegno spoglio, apparentemente non finito, accennato e bicromo…un’immagine statica, evocativa, dai contorni marcati; alcuni di questi, però, sembrano mancare: priva di bocca, pupille e sfumature, il soggetto appare bianco, puro, la purezza di una donna che sa di essere stata macchiata di nero, quello che contorna i suoi occhi e si espande nel groviglio infinito dei suoi capelli…occhi svuotati dalla violenza che l’ha resa prigioniera di se stessa senza potersi opporre: non ha bocca, né parola…manca di libertà!”, così ha commentato l’alunna Irma Ruggiero, autrice del manifesto.
Questa l’immagine-simbolo dell’iniziativa che ha visto protagonisti gli studenti delle classi quinte del Liceo Scientifico di Montesarchio in occasione dell’8 marzo, la fest…più che altro, il progetto, coadiuvato dalla prof.ssa Rosa Di Notte, ha avuto come unico imperativo quello di non celebrare, ma di ascoltare per sapere, di ricordare per non dimenticare, di apprezzare per non festeggiare. Il titolo, “A VOCE ALTA: RI-COMPORRE UNA VITA, RI-DIVENTARE SE STESSE” rappresenta eloquentemente l’urlo alla vita di chi non accetta di essere succube della violenza, di chi lotta per rimarginare le ferite aperte da chi non ama e soprattutto di chi vuole riassaporare il gusto della libertà strappato a morsi dalla prepotenza.
Illuminanti le parole introduttive del Dirigente Scolastico Giulio De Cunto che, riferendosi alla storia europea di circa un secolo fa, ha legato l’emancipazione femminile non certo ad una semplice casualità, ma essa ha assunto inevitabilmente i segni di una dolorosa conquista e in quanto tale non è da considerarsi una sicura acquisizione, ma un percorso in salita che accolga via via sempre più eroi pronti a combattere in funzione di un’assoluta parità. A seguire, la dott.ssa Marilena Coletta, responsabile del Centro Antiviolenza: “Rompiamo il silenzio”, ci ha illustrato le peculiarità dell’organo di cui orgogliosamente fa parte, sottolineando la realtà territoriale su cui agisce ed i benefici che una semplice richiesta di aiuto può apportare ad una donna vittima di violenza: benefici, oltre che fisici, assolutamente funzionali per far rinascere quel senso di orgoglio personale e indipendenza da chi si è arrogato il diritto di cancellare l’identità altrui. La dott.ssa Brunella Severino, invece, in qualità di responsabile del CESVOB, ha sottolineato l’importanza dell’accoglienza, dell’integrazione del diverso, colui che in fin dei conti è così simile a noi…toccante la definizione di solidarietà, un dono di chi sa ascoltare, che dà attenzione, che deve spronare a non guardare superficialmente, ma ad osservare con attenzione e se necessario ad urlare, a denunciare per salvare la spiritualità di una vita. A seguire, gli alunni hanno visionato il cortometraggio “I quaderni di Luisa” di Isabella Sandri tratto da “I diari della Sacher” a cura di Nanni Moretti: l’esempio toccante di una donna, Luisa T. che mette al mondo due figli, si occupa della casa e dei lavori in campagna. Dopo diciassette anni di questa vita, decide di iniziare a scrivere un“quaderno”, aprirsi alla pagina bianca con le sue confidenze. I suoi quaderni diventano l’unico interlocutore per questa donna sola e disperata, che inizialmente si limita a descrivere la noia ripetitiva delle sue giornate di casalinga, sposata ad un marito-padrone che non ama e che non la ama. Luisa affida al diario anche la narrazione dei suoi primi moti di ribellione, oltre alle descrizioni di un dolore che nessuno attorno a lei sarebbe disposto ad ascoltare. Non c’è peggior solitudine di quella di chi non è solo. Dice la regista Isabella Sandri: “Il mio lavoro è dedicato alle madri che non sono scappate di casa. A quelle che si sono sacrificate per i figli e hanno sopportato tutto, la violenza, il dolore, la solitudine, la depressione, pur di non abbandonare i figli ad un “padre che padre non era”. Al termine della visione, è la prof.ssa Rosa Di Notte a concludere l’evento svelando ai suoi alunni il valore insito sia nelle parole che nei silenzi della donna: il suo velo, non di quelli che indossano le donne di alcune culture religiose ma un vero è proprio “Velo di Maya” che ogni donna ideale dovrebbe indossare, un velo dietro il quale si nascondono principi, dignità, diritti, senza aver bisogno di mostrare nulla per dimostrare il proprio valore. L’iniziativa si è conclusa sulle note di “Tillithappens to you” di Lady Gaga che ha reso ancora più inesprimibile il dolore subito, riuscendo solo a sintetizzarlo nell’unica certezza acquisita: “finché non accade a te, non puoi sapere cosa si prova”

 Gemma Izzo
VB Liceo Scientifico