Province, la strana democrazia: elezioni senza popolo

Il Caudino
Province, la strana democrazia: elezioni senza popolo
Valle Caudina: dopo 28 anni nessun rappresentante alla Provincia di Avellino

Diciamocelo chiaramente: in Valle Caudina, la recente tornata per l’elezione dei Consiglieri e del Presidente della Provincia ci ha un po’ “stravolti”, sia per le modalità di svolgimento in sè, sia per i risultati.
Non è che non avessimo capito che il problema non stava tanto nell’abolizione o meno dell’ Ente Provincia, quanto nella necessità di incidere sui costi dell’istituzione in parola; non è neanche che non avessimo chiaro che, qualche volta, le cd. “elezioni di secondo livello” (quelle, per intenderci, in cui gli eletti eleggono tra loro gli eletti”) finiscono per creare anche, specularmente, una “democrazia di secondo livello”: il problema è che, di fatto, il politico “eletto” dal popolo non “si porta più”, essendo stato, ad ogni livello, sostituito da rappresentanti “nominati” per cooptazione dalle Segreterie di Partito. Certo, così non è per i Sindaci ed i Consiglieri comunali (anche uscenti) (già eletti direttamente dai cittadini), a cui, però, per la legge Delrio, spetta l’elettorato attivo e passivo alla Provincia, con tutto quello che ciò comporta a livello stricto sensu “politico”.
La conseguenza immediata dell’introduzione di questo meccanismo è che, sotto i nostri occhi, potrebbe consumarsi una campagna elettorale occulta. E si, perché se, in quanto Sindaco o amministratore comunale, vuoi proporre la tua candidatura alla Provincia, devi poter contare sul sostegno o del partito di cui fai parte, o, in aggiunta in alternativa, della Giunta di appartenenza, quasi sempre “multicolore”, perché uscita da una lista civica. Ne consegue uno stimolo (voluto dalla legge!) a stringere alleanze, a fare accordi, a fare nomine in favore di gente che ha l’unico merito di essere “fedele”, a fare, se necessario, anche “le scarpe” al compagno di partito e/o al coamministratore al Comune. In compenso, non devi scendere in istrada a convincere la gente: puoi fare, in altri termini, la politica degli accordi di palazzo, e non quella “démodé” che si fa nelle Piazze. Probabilmente, una volta eletto, avrai anche il problema di tenuta della maggioranza “coerente” (si pensi che, per la Legge Delrio, il Presidente dura in carica quattro anni, i consiglieri due, per cui l’indirizzo politico ab initio abbracciato potrebbe essere stravolto dalle mutate compagini politiche a metà percorso!), ma anche questo è solo un problema “tecnico”: il dato socialmente rilevante è che non sei più obbligato, per essere eletto, a guadagnarti il consenso della gente.
Forse, sorprenderanno i risultati elettorali incoerenti rispetto alle composizioni dei governi locali; forse, susciteranno reazioni infastidite le prese d’atto dell’assenza dei componenti di spicco delle Segreterie politiche sul territorio; quello che manca, e manca troppo, però, è un atto di ammenda dei Partiti tutti, (vinti, vincitori e “senza infamia e senza lode”!!!), che non ancora hanno capito quanto sia fallace ed effimero il risultato delle urne, ogni qualvolta non si sia più abituati a scendere tra la gente, nelle strade, sui cantieri, nelle fabbriche, li dove la gente vive e pena, li dove i problemi sono così evidenti che non puoi far finta di non vederli, e devi risolverli, ci devi provare, se vuoi l’onere e l’onore di amministrare la cosa pubblica!!!
Una volta, l’accusa di fare la politica “della stradina” era rivolta, in senso dispregiativo, a chi quasi sembrava fare un favore al singolo, anzicchè l’interesse della collettività; oggi, il terrore che i giochi occulti di potere vengano prima dei problemi della gente, dovrebbe farci invocare il ritorno della politica partecipativa, quella di “strada”, quella che- certo- potrebbe favorire corruzione e corruttibilità- ma almeno opera alla luce del sole!
Mi sa che ci abbiamo proprio perso, dalla scomparsa della politica di strada…

Rosaria Ruggiero
gentedistratta.it