Stangata sui pensionamenti anticipati

Redazione
Stangata sui pensionamenti anticipati
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Stangata sui pensionamenti anticipati. Il pensionamento anticipato non conviene a nessuno: con i coefficienti di trasformazione dei contributi, anticipare l’uscita a 62 anni è un salasso.

Mentre il sistema contributivo è basato sul montante dei contributi passato per opportuni coefficienti. Oggi, però, sono molti i lavoratori che hanno diritto al calcolo misto, cioè con una quota di pensione calcolata con il sistema retributivo ed una quota di pensione calcolata con il sistema contributivo.

Come segnalato da diversi siti specializzati in temi previdenziali, tutto dipende da quando sono stati versati i contributi e dal numero di anni di versamento precedenti la data del 1° gennaio 1996.

Pensione “leggera”

In assenza di versamenti che precedono il 1996 si parla di contributivi puri, nel senso che si tratta di lavoratori che hanno diritto al calcolo della pensione soltanto con il sistema contributivo, quindi una pensione “leggera”.

nvece, con 18 o più anni di contributi versati prima del 1996, il diritto al calcolo più favorevole resta quello retributivo e vale per tutti i periodi di carriera fino al 31 dicembre 2011, mentre per i successivi si usa il calcolo contributivo.

In ogni caso, i coefficienti di trasformazione sono più favorevoli man mano che ci si avvicina ai 67 anni di età pensionabile della quiescenza di vecchiaia, motivo per cui più anni di lavoro saranno trasformati in pensione con il sistema contributivo, più bassa sarà la pensione.

Quanto si perde

L’aggiornamento dei coefficienti è su base triennale e quelli in uso quest’anno sono relativi al triennio iniziato nel 2019-2020-2021. Il 2022 porterà nuovi coefficienti e, se il trend resta quello degli ultimi aggiornamenti, saranno sempre più penalizzanti.

Per avere un’idea del montante contributi, dobbiamo dire che i coefficienti variano dal 4,657% dell’uscita a 61 anni al 5,604% dell’uscita a 67. Qualche esempio pratico può chiarire meglio il complicato meccanismo.

Una persona che ha accumulato 400mila euro di montante contributivo dal 1996, se esce a sessantasette anni di età prenderà una pensione molto più elevata di uno, per esempio, che esce a sessantadue anni.

Infatti, con 25 anni di contributi ed un montante da 400mila euro di contribuzione accumulata, in base ai coefficienti prima esposti si avrà una pensione che varia da 18.628 euro con l’uscita a 61 anni; 19.160 euro con l’uscita a 62 anni.

19.728 euro con l’uscita a 63 anni; 20.332 con l’uscita a 64 anni; 20.980 con l’uscita a 65 anni; 21.676 con l’uscita a 66 anni e 22.416 euro con l’uscita a 67 anni. In pratica ci sono ben 4mila euro di differenza tra 61 e 67 anni, mica bruscolini.

Il montante contributivo

E quindi, chi va in pensione a 67 anni, oltre ad avere una pensione più alta perché può beneficiare di un coefficiente più alto, avrà un assegno ancora maggiore perché, nel frattempo, lavorando più anni, avrà fatto crescere il proprio montante contributivo.

I contributi accumulati dal lavoratore che sono poi rivalutati ogni anno con il tasso di ricapitalizzazione. Insomma, stando così le cose, la differenza tra pensioni a 62 o 67 anni è abissale e invoglia a restare in servizio attivo.