Tragedia nell’Arma, appuntato si toglie la vita

Redazione
Tragedia nell’Arma, appuntato si toglie la vita

Tragedia nell’Arma, appuntato si toglie la vita. Nel pomeriggio di ieri, lunedì 14 giugno, una grande tragedia ha colpito l’Arma dei Carabinieri di Ferrara. Un appuntato di 51 anni, G.T., si è tolto la vita.

Ha rivolto contro sé stesso l’arma d’ordinanza, mentre si trovava nella sede del comando provinciale, in via del Campo, e si è sparato un colpo. G.T. era di origini pugliesi, era della provincia di Foggia.

Era in servizio da trent’anni e da venti era a Ferrara, dove era impegnato per vari incarichi. Negli ultimi cinque anni era in servizio nella stazione capoluogo di via del Campo. Era sposato da 25 anni con una coetanea corregionale e non aveva figli.

Era stimato e apprezzato dai suoi colleghi, sia dal punto di vista umano che professionale, e viene ricordato come una persona sempre disponibile e cordiale.

Uccise il suocero che aveva abusato della figlia, il giudice: “È stata un’esecuzione”

“È stata una vera e propria esecuzione”: è quanto scritto nelle motivazioni della sentenza che ha condannato a 18 anni di carcere un 36enne accusato dell’omicidio del suocero a Rozzano nel febbraio 2019 e un altro uomo – ritenuto suo complice – a 12 anni.

Per il presidente della Corte d’Assise d’Appello di Milano, Ivana Caputo a latere Franca Anelli, quello avvenuto davanti al supermercato “Il Gigante” è stato “un atto di giustizia sommaria che, con diverso movente, anche solo con un regolamento di conti fra pregiudicati avrebbe portato all’ergastolo”.

Ridotte le pene all’omicida e al suo complice

A entrambi, nel maggio scorso, sono state ridotte le pene: per il 36enne erano stati chiesti vent’anni di carcere mentre per il complice, 18. Per entrambi i giudici hanno considerato che “l’asprezza della pena” poteva essere mitigata per la continuazione tra i reati di omicidio volontario aggravato e il porto abusivo d’arma.

Al complice inoltre, pur riconoscendo la piena “consapevolezza” delle intenzioni dell’omicidio, sono state riconosciute anche le attenuanti.

I due erano arrestati poco dopo aver commesso l’omicidio. Il suocero era indagato dalla Procura per abusi sulla nipotina nonché figlia del suo assassino. L’uomo, un 63enne di origini campane, era quindi tornato nella sua città d’origine.

Il 36enne, prima che l’uomo sparisse da Rozzano, lo ha però minacciato: “Se torni qui, ti ammazzo”. Una promessa che ha poi mantenuto quando il suocero è tornato nell’hinterland: saputa la notizia, ha chiesto a un complice di accompagnarlo e a bordo di un motorino ha freddato con alcuni colpi di pistola, l’uomo.