Valle Caudina: Luisa Guadagno, dalla vita al palco: la bellezza della rinascita

Redazione
Valle Caudina: Luisa Guadagno, dalla vita al palco: la bellezza della rinascita
Valle Caudina: Luisa Guadagno, dalla vita al palco: la bellezza della rinascita
Valle Caudina: Luisa Guadagno, dalla vita al palco: la bellezza della rinascita. Dedizione, passione, sacrificio. Disciplina, bellezza, armonia delle forme. Cuore buono, animo gentile e sorriso genuino: è Luisa Guadagno, classe 1980, atleta, moglie, ristoratrice, nonché orgoglio cervinarese.

18  anni dopo

Dopo ben 18 anni di assenza dalle ultime competizioni e numerosi titoli vinti, torna a calcare i palchi patinati della disciplina agonistica forse più discussa di sempre, il Bodybuilding al femminile, aggiudicandosi il primissimo posto all’Anfra Sport Club di Napoli lo scorso 14 Maggio, nonché un secondo, meritato podio all’altrettanto prestigioso Teatro Dei Piccoli napoletano, nel recentissimo 10 Giugno.
Categoria Bikini over ’40, costume rosso scintillante, posing attentamente studiato, trionfa sulle avversarie a mani basse, incantando pubblico e giuria attraverso le inserzioni muscolari di un corpo finemente cesellato nei dettagli, degno di una scultura greca, e l’atteggiamento sprint di chi ha fatto del proprio sport oggetto di divertimento e motivazione.
Eppure, non solo il lieto evento di una medaglia vinta; non solo la meritata soddisfazione di una bella vittoria sportiva e, con essa, di un grande ritorno al mondo del culturismo.

L’arabe fenice

La vicenda umana e personale di Luisa incarna i valori profondi di questo sport, di chi ha saputo coltivare se stesso con pazienza e costanza ogni giorno, risorgendo dalle proprie ceneri. Da quei vissuti dolorosi che ciascuno di noi è chiamato, prima o poi, a sperimentare nel corso della propria esistenza.
Appena 18enne, Luisa si appassiona alla sala pesi in virtù di un profondo senso di inadeguatezza per la sua eccessiva gracilità, che gradualmente la porta ad intraprendere la strada della Cultura fisica.
“Cultura fisica” intesa non solo come costruzione del corpo, dal suo significato più letterale; bensì della persona stessa. Perché, in fondo, ogni culturista o bodybuilder, donna o uomo che sia, è scienziato di sé, affascinato dagli equilibri biochimici e fisiologici, dalla bellezza delle forme muscolari, con le loro simmetrie e separazioni; dalla capacità di modulare lo sviluppo del proprio corpo, di migliorare e forgiare se stessi, carne e spirito, esattamente come lo scultore fa con la propria opera d’arte.
È con tale approccio scientifico e demiurgico insieme che Luisa si aggiudica i campionati italiani nel corso degli anni, fino a quell’ultima coppa di Lamezia Terme nel lontano 2006, quando qualcosa si rompe.

La morte del papà

Qualcosa si spezza, e la terrà distante dal mondo delle gare e della sala pesi per i successivi 18 anni: la vita di suo padre, interrotta da una brusca malattia.
Lutto, distacco, addio. Perdita di una guida, di un confidente, di un amico, ma altresì di un partner di lavoro. Disavventure economiche e burocratiche, indebitamento dell’attività, pignoramento della casa.
Solitudine, depressione, disturbi fisici e alimentari, mali dell’anima che nessun farmaco ha saputo curare o lenire. Tante spalle voltate, amici defilati, promesse tradite. Unico e solo supporto in mezzo a tanto dolore, mamma Mimma, le sorelle Mariagrazia e Ilaria, e il compagno, nonché attuale marito, Carmine.
Anni difficili, di ricostruzione, trascorsi a reinventarsi e a rimboccarsi le maniche in sordina, dietro le quinte, tra stenti e sacrifici. E gli antichi sogni, gli antichi sogni ormai lontani anni luce dalla passata gloria, lasciati a marcire in un cassetto.
Eppure, sulla soglia dei 40 anni, Luisa non si sente più identificata da quel ruolo, da quel dictat che la società, specie nei piccoli paesi di provincia, il più delle volte impone alle donne, relegandole alla figura di moglie e madre dimentica di se stessa, priva di autostima e dedita unicamente alla casa, al lavoro, agli impegni.

La voglia di riscatto

Ecco lentamente, gradualmente, fare capolino in lei la voglia di tornare a prendersi cura di sé, di dedicarsi le giuste attenzioni: di rispolverare la ghisa. Forte del proprio bagaglio e della guida di un professionista, eccola riattingere alla sua volontà di riscatto, ma altresì di svago e di distrazione da una routine castrante e svilente, che non rende onore alla sua rinnovata voglia di vita. Di rinascita.
E così, dietro ogni chilo caricato sul bilanciere, un chilo di rabbia che scivola via; dietro ogni allenamento, uno schiaffo in più restituito alla vita; dietro ogni schiaffo, una cicatrice; dietro ogni cicatrice, una ricompensa: frutto della dedizione, del dolore, dei giorni in cui non ha lasciato che certi macigni la sotterrassero e in cui ha tenuto salda la presa, anche quando tutto le era scivolato via dalle mani.
E dal dolore, da quel dolore pur sempre ancora oggi presente, ne ha tratto un’importante lezione: non esistono strade moralmente elevate come quelle indicate dall’impegno e dal sacrificio, che si tramuta in un’azione sacra da cui trarre, paradossalmente, soltanto divertimento, soltanto piacere.
E soprattutto, un insegnamento, uno soltanto: la disperazione, talvolta, porta a fare cose straordinarie, e a dimostrare a se stessi quanto, in realtà, si voglia vivere.

Le sorprendenti rinascite

Ed è così che anche i percorsi più sofferti e travagliati, come quello di Luisa, possono condurre a sorprendenti rinascite, nel nome di una sofferenza non più ignorata o nascosta, bensì consapevolmente accettata.
Ma soprattutto, nel nome di una bellezza che non è più statica perfezione, bensì dinamismo di crescita, nel quale, talora, anche le cicatrici del dolore possono arrivare a brillare e a risplendere. Finalmente risplendere. Sul palco dello sport, così come in quello della vita.

                                                                                                                                                                     Serena Fierro