Valle Caudina: Mio padre non parlava mai della guerra
Valle Caudina: mio padre non parlava mai della guerra. Il 24 maggio 1915, centocinque anni fa, l’Italia entrava in guerra. Un conflitto sanguinoso che avrebbe per sempre cambiato il destino della patria.
Tantissimi i figli della Valle Caudina che si misero in marcia alla volta del confino austro-ungarico per difendere la patria e completare la riunificazione. Molti di loro non tornarono mai più. Sarebbe bello che i nostri figli, i nostri nipoti, ricordassero il sacrificio di chi è morto sui monti per difendere l’Italia. Tutta.
La guerra
Il professore Raffaele Cioffi ha portato in redazione una fotografia che ha quasi un secolo di vita. E’ uno scatto del 1915 o del 1916. Ritrae il padre Vincenzo (seduto a destra nella foto) con altri commilitoni al fronte.
Il nome degli altri ragazzi non lo conosciamo e non sappiamo se, come Vincenzo Cioffi, riuscirono a scampare a quella carneficina, passata alla storia come Prima Guerra Mondiale o Grande Guerra. La foto racconta una scena serena, quei ragazzi, forse, si erano messi in posa per mandare quella immagine a casa, ai genitori o alle fidanzate.
Orrore
Forse per loro, l’orrore arrivò dopo, un orrore tanto grande da non essere raccontato a nessuno, da tenere nascosto dentro al cuore, proprio come fece Vincenzo Cioffi. E noi possiamo solo immaginare cosa deve aver vissuto quel ragazzo di Cervinara, infatti, Vincenzo aveva poco più di 18 anni, quando fu chiamato, come si diceva, a fare il proprio dovere. Possiamo solo immaginare un ragazzo che è costretto a diventare uomo e a cui viene ordinato di uccidere, per motivi che, forse, neanche conosceva.
Un ragazzo che aveva un orizzonte limitato che, probabilmente, non aveva mai visto neanche il mare, pensava che il Partenio fosse la montagna più alta del mondo e parla solo nel suo dialetto,viene vestito da soldato, da guerriero. Gli viene dato un fucile ed una baionetta e chi sa quante volte gli è stato ordinato di sparare e di attaccare. E quante volte ha cercato riparo, nelle trincee come una talpa.
Trincee
Fango, neve, gelo, pioggia, caldo, pidocchi, zecche, dissenteria, la divisa che si attacca addosso per il sudiciume e diventa una sorta di seconda pelle. E la paura dei cecchini, dei colpi di mitraglia che se ti va bene ti amputano gli arti. E gli assalti all’arma bianca, affondare la baionetta nel cuore di un altro che indossa una divisa di un colore diverso dalla tua, per evitare che la sua si bagni del tuo sangue.
Le notti a pregare, a pensare a casa, a sognare di scampare a quell’orrore perché poi a casa hanno bisogno delle tue braccia, altrimenti, si rischia di morire di fame e chi ha voluto la guerra può portare via tutto ai tuoi genitori. (Segui tutti gli aggiornamenti cliccando “mi piace” sulla pagina Facebook del Caudino).
Poi tornare a non raccontare mai quello che si è vissuto, perché i tuoi figli devono crescere in un mondo migliore, senza incubi e senza pericoli ed anche perché, come il protagonista di Napoli Milionaria, Gennaro Iovine, rischi di non essere creduto, rischi che si voglia parlare d’altro mentre la guerra è sempre lì che aspetta gli uomini e tira fuori la loro inumanità. Magari, se i lettori ci fanno avere qualche loro foto che racconta la Grande Guerra, continueremo a ricostruire quei momenti che hanno aperto il secolo breve, secolo di sangue e di dolore. Qui altri articoli.
Peppino Vaccariello