Il bene si fa e non si dice: la leggenda di San Nicola

Il Caudino
Il bene si fa e non si dice: la leggenda di San Nicola

Tutti sanno che prima di essere un simbolo, – pubblicizzato all’occorrenza dalla Coca-Cola,- eccezionale promotore dei consumi anche in tempo di crisi, ed imbattuta icona del consumismo pagano- Santa Claus era un Santo, e prima ancora un Vescovo cristiano, e prima ancora, un uomo. Perché, a ben vedere, nelle leggende circa le origini del vecchio panciuto, c’è soprattutto una grande umanità, che nulla ha a che fare con giocattoli made in China o in Taiwan, poi distribuiti a caro prezzo dai potentati multinazionali.

San Nicola è, tra l’altro, il protettore dei bimbi, perché si racconta che, durante il suo Vescovato in Myra (l’attuale Anatolia), si fosse speso per la diffusione del cristianesimo nei luoghi più freddi, dove i piccoli non potevano andare in Chiesa a causa delle temperature gelide. Ed allora, il buon Nicola cominciò a recarsi di casa in casa, per raccontare la storia di Gesù, avendo premura di portare con sé un dono per ogni bambino, su una slitta trainata da cani.

E, per i bimbi che tanto amava, fece un miracolo straordinario, allorquando, ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti e uccisi da un oste. Già. Perchè – per quanto possa sembrare inaccettabile, assurdo, crudele, ed innaturale- nel IV secolo come oggi- i bimbi, a volte, muoiono per mano di adulti per pura cattiveria, ed ancora più forte, dinanzi a cotanto obbrobrio, è il bisogno di credere che un vecchio-santo-barbone, prima o poi, torni tra di noi a ridare respiro alle più innocenti delle vittime del mondo.

L’altra leggenda, poi, è incentrata sull’umana generosità e magnanimità del Vescovo, che trovò il modo di salvare dalla perdizione tre sorelle, figlie di un nobiluomo caduto in disgrazia, che alle medesime non avrebbe potuto assegnare una dote, condannandole, pertanto, al mercimonio del corpo. Ed allora il Santo, il Vescovo, l’Uomo, per tre notti consecutive, ben pensò di gettare, dentro la finestra della loro abitazione, tre sacchi pieni di monete d’oro, al fine di consentire loro di trovare marito. Ma gli uomini sono infidi anche quando la manna cade dal cielo. E dunque, la quarta notte, il padre, volendo scoprire l’identità del misterioso benefattore, chiuse tutte le finestre.

-“Eh no”- pensò Nicola- “il bene si fa, ma non si dice, non si fa atto di misericordia al fine di ottenere l’altrui riconoscenza o ammirazione: si fa e basta, e lo si fa in segreto, in incognito…” Forse, perché l’Amore nulla vuole in cambio; e vuole soltanto amare.

Ecco, allora, che il Benefattore decise di arrampicarsi sul tetto, per calare le monete giù dal comignolo, mentre l’oro, cadendo, andava ad infilarsi nelle calze delle fanciulle appese ad asciugare vicino al camino.

Passano i secoli, e queste storie continuiamo a tramandarcele. Abbiamo ancora bisogno di Babbo Natale. Ne abbiamo talmente tanto bisogno, che da anni continuiamo ad appendere le nostre calze la notte di Natale, per ritrovarle la mattina colme di doni. Non diciamo ai nostri bambini che Babbo Natale siamo noi, per non portargli via anzi tempo la fantasia ed i sogni.

Eppure, non ci rendiamo conto di essere dei Babbi Natali a metà. Siamo benefattori e siamo orchi. Lo siamo ogni volta che ci limitiamo a comprare dei giochi per godere dello schiamazzo dei bimbi, dimenticandoci che si può essere Uomini solo quando il nostro sforzo verso i deboli ed i bisognosi non è mero sfoggio.

E poi, per proteggere i bambini-anche quelli che non abbiamo messo al mondo noi-facciamo ancora troppo poco…

Rosaria Ruggiero
gentedistratta.it