Roma, il rispetto dei Casamonica per la camorra

Il Caudino
Roma, il rispetto dei Casamonica per la camorra

Articolo tratto dal Sole 24 ore oggi in edicola
Domenico Pagnozzi, detto Mimì o ’professore, ha una tacca in più sul curriculum: è tra i pochi che, in pochissimo tempo, è riuscito a intimorire la famiglia Casamonica che a Roma è arrivata negli anni Sessanta e detta legge in lungo e in largo. Sarà forse anche per questo che lo chiamano “occhi di ghiaccio”. E sarà forse anche per questo che gli uomini del suo gruppo si erano messi in testa di far fuori nel 2008 Giuseppe Casamonica.
E dire che o’ professore, pluripregiudicato della omonima famiglia di San Martino Valle Caudina (Avellino), era giunto appena tre anni prima nella Capitale, dove era sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno e dove, grazie al proprio “peso”, secondo investigatori e inquirenti era riuscito a tessere trame criminali con il gruppo di Michele Senese, contando sulla comune matrice campana. Lo “slittamento” verso Roma degli investimenti di queste due storiche famiglie testimonia, oltre ad una colonizzazione territoriale concordata, anche la pervasività che negli ultimi anni ha assunto quella che è ormai ribattezzata “Camorra Capitale”. Non solo ’ndrangheta e Cosa nostra, dunque. A Roma c’è spazio per tutti. Anche per quelli arrivati solo 10 anni fa.
Il 10 febbraio del 2015 l’inchiesta “Tulipano” della Dda di Roma, delegata al Nucleo investigativo dei Carabinieri del comando provinciale della Capitale, ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 61 soggetti per i delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga e altri delitti. Il Gip distrettuale di Roma, Tiziana Coccoluto, ha riconosciuto la sussistenza del delitto associativo e la specificità dell’organizzazione, un tertium genere, ricorda il Rapporto “Le mafie nel Lazio” pubblicato a febbraio di quest’anno dall’Osservatorio per la legalità e la sicurezza di Libera Informazione, rispetto alle mafie delocalizzate e a quelle autoctone. Nell’operazione Tulipano spicca proprio Mimmo Pagnozzi, la cui forza è testimoniata da una telefonata intercettata dai Carabinieri nel corso della quale un affiliato afferma che li chiamano «I napoletani della Tuscolana». E il Gip Coccoluto annota: «Le risultanze investigative acquisite […] offrono inconfutabili elementi utili a valutare l’eccezionale capacità intimidatoria del clan Pagnozzi, che si è dimostrato in grado di imporsi nei confronti di un altro sodalizio criminale come quello dei Casamonica che, oltre a essere notoriamente radicato sul territorio [zona sud-est di Roma], è considerato tra i più temibili del panorama criminale del centro Italia. Di particolare importanza è l’episodio riguardante il recupero di una considerevole somma di denaro effettuato dagli appartenenti al clan Pagnozzi nei confronti dei Casamonica a seguito di una vicenda verosimilmente connessa alla comune operatività dei due sodalizi criminali nell’ambito del narcotraffico».
Poco dopo il Gip Coccoluto scriverà che «…la capacità del sodalizio investigato di relazionarsi, spesso in posizione di supremazia gerarchica, con altre consorterie, costituisce un irrefutabile riscontro del riconoscimento da parte degli altri gruppi criminali dell’esistenza di un potente e pericoloso clan operativo prevalentemente nella capitale e capeggiato da Pagnozzi Domenico. Nel contempo, tali rapporti dimostrano che l’organizzazione oggetto di indagine era concretamente capace di esercitare intimidazione e che tale forza era percepita anche da altri gruppi criminali suscitando una condizione di diffuso assoggettamento. La posizione di soggezione di alcune note consorterie nei confronti del clan Pagnozzi dimostra che l’associazione investigata ha conseguito nell’ambiente circostante una reale capacità d’intimidazione e che gli aderenti si avvalgono in modo effettivo di tale forza al fine di realizzare il loro programma criminoso, talvolta limitandosi a sfruttare l’aura d’intimidazione già conseguita dal sodalizio e in altre occasioni ponendo in essere nuovi atti di violenza e di minaccia, come espressione rafforzativa della precedente capacità intimidatrice già conseguita dal sodalizio». E per non saper né leggere né scrivere, il Gip ricorda che “occhi di ghiaccio” risulta essere stato padrino di battesimo/cresima di Antonio Pelle, dell’omonima ’ndrina calabrese.
I clan della camorra infiltrano l’economia capitolina, come sottolinea anche l’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa). Basti ancora ricordare che il 22 gennaio 2014 le Procure di Roma e Napoli hanno messo a segno quella che è stata definita la più importante operazione anti camorra contro il clan Contini e le attività antiriciclaggio a Roma e in Versilia.

Roberto Calullo
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