San Martino: quando Dalla fece la storia cantando Caruso

Il Caudino
San Martino: quando Dalla fece la storia cantando Caruso

Trent’anni fa, il 17 agosto 1986, Lucio Dalla, incantato dal silenzio e dal verde del Partenio e dalla cordialità degli abitanti, cantò Caruso in anteprima assoluta nella Rassegna Sammartinese: introdotto da Vincenzo Mollica, svelò com’era nato quel pezzo che gli aveva fatto modificare un album live registrato negli States e mutarne il titolo. Congedò poi gli Stadio e con la sola pianola, chiese al pubblico di fargli il coro della canzone appena scritta a Sorrento, ispirata dalla storia del grande tenore Enrico Caruso che “non volle rinunciare a cantare davanti a colei che lo guardava commossa, malato di cancro alla gola”: per quel ‘melodramma in cinque minuti’ fu l’anteprima assoluta a livello mondiale, come ha ricordato Melisanda Massei Autunnali e, più recentemente, il senatore Lauro. Alla prima di Caruso c’ero anch’io, con l’entusiasmo dei miei quindici anni, fan del sommo Lucio; ricordo che, come faceva solitamente per Itaca, Dalla ci chiese di provare prima e intonare poi il ritornello della canzone. Il pubblico stipato nell’arena obbedì, rendendosi conto – con la sapienza del cuore più che con la competenza del critico – che stava accadendo qualcosa di irripetibile. Grande amico del cantautore emiliano, il patron della Rassegna Gianni Raviele ha ricordato: «Lucio ci ha regalato delle notti stellate straordinarie. Appartiene alla nostra comunità … [Quando ascoltai la prima volta Caruso] Provai una strana sensazione, di un mix, un intreccio tra la canzone napoletana e la lirica, e mi chiesi: ‘Ma questo che pastrocchio ha combinato?’. E restai molto dubbioso. E infatti qualche perplessità gliela espressi … come si potevano esprimere le perplessità a Lucio Dalla. Poi, ripensandoci, ho capito che praticamente ha compiuto la più grande contaminazione, che è un genere artistico e letterario, che non si verificherà mai più: cioè impasto fra la tradizione napoletana con un altro genere sempiterno, la lirica. Perciò Caruso è immortale. Caruso è un assoluto. Essere stati onorati da questa magia … un paesello sperduto. Stasera ti faccio sentire una canzone nuova. È un mistero … Caruso resta e resterà, nella storia della musica leggera mondiale, in eterno … Se voi ascoltate Volare, avete subito la percezione di un capolavoro, ma se ascoltate Caruso avete l’impressione dell’eternità. Caruso è un pezzo più che eseguito, non diciamo il più cantato, il più eseguito in tutto il mondo … Ebbi la sensazione di uno strano miscuglio, di un papocchio, tra il napoletano e la lirica, perché è evidente che balza subito alle orecchie Napoli, non c’è niente da fare, il ‘Dicitencello vuje’ ti arriva subito in faccia. E subito un’immagine straordinaria, che ci dice quanto questa canzone sia primigenia, una canzone dell’impressionismo. Quando dice, all’inizio, ricordate tutti quanti i versi, ‘Qui dove il mare luccica e tira forte il vento’. Questa è un’opera di Monet, un’opera impressionista che non può essere paragonata a nessun’altra …»

(Massimo Zullo, Foto Archivio Raviele).