Valle Caudina: Ignavi e nullisti

Redazione
Valle Caudina: Ignavi e nullisti

Riportiamo una parte del fondo di Gianni Raviele uscito sul numero di gennaio 2018 del mensile Il Caudino.

L’Italia sembra aver imboccato la strada giusta per la valorizzazione del proprio, inalterabile patrimonio storico, artistico, culturale.
Le statistiche e i dati del bilancio di fine anno sono squillanti: in pochi anni, il numero dei visitatori di musei, gallerie pubbliche e private, di siti archeologici si sono moltiplicati in maniera consistente e imprevedibile.
… Fra le punte di eccellenze del rilancio, spicca la Campania. Fra i primi cinque monumenti più visitati ci sono Pompei e la Reggia di Caserta. Anche Ercolano tiene il passo e migliaia di visitatori hanno affollato gli scavi. Pompei ha avuto tre milioni e 4oomila visitatori. La Reggia di Caserta ha segnato un più 23 per cento di visitatori. Il merito di queste luci spetta, in grandissima parte, ai due direttori: Osanna a Pompei; Felicori a Caserta. Il loro dinamismo ha sovvertito ritmi, vetusti tran tran, posizioni di rendite anche sindacali.
Gli ostacoli continuano e ogni giorno si accende una polemica: tornare indietro a mettere freno sarebbe un suicidio e il territorio si ripiegherebbe su se stesso di nuovo.
… E noi? A che punto siamo noi? Noi siamo nel nulla e nell’ignavia. Un assordante silenzio di vuoto, di rachitismo mentale, di passività totale stagnano nella nostra terra. Caudio, un forziere storico, che avrebbe potuto essere e che potrebbe ancora essere, uno scrigno di bellezze archeologiche, la testimonianza umana, civile, religiosa di un popolo e di una gloriosa e fiera civiltà, giace sotto una coltre inesplorata, dimenticata da uomini e strutture, da politici e amministratori, da funzionari e studiosi. E’ come se un impalpabile sudario di morte avesse avvolto i resti, le opere, le significanze di una antica gente che operò, costruì, commerciò con altre terre e paesi, che fu gelosa della propria libertà e identità, meglio e più ardimentosa di tutti i Sanniti.

Ho sempre detto, con un paradosso, che se le Forche caudine – espressione lessicale conosciuta in tutto il mondo – fossero state “gestite” da un tedesco l’area si sarebbe trasformata in un parco culturale e archeologico di rilievo europeo.
Il sonno di Caudio è secolare, come quello del pastore Aligi caro a D’Annunzio. E tale è destinato a restare per sempre, sino a che amministreranno questa nostra terra una massa di incolti, nulli, infingardi, chiacchieroni e spergiuri, referenti di una classe politica che, da Benevento ad Avellino, parla solo di beghe, voti, candidature e che non ha mai legato il suo nome ad un recupero d’arte, a uno sviluppo culturale, a un segno di civile preveggenza.
Caudio dorme in pace. L’idea che gli amici del caudino lanciarono, con me, di tentare la via del suo riconoscimento come “ patrimonio dell’umanità” è sfiorita e si è dissolta all’istante: come gli affreschi della sequenza del film “Roma” di Fellini che evaporarono appena vennero a contatto dell’aria , dopo molti secoli.
Chiudo questo articolo con una preghiera. I comuni, la Città Caudina, le soprintendenze interessate a Caudio non tirino fuori documenti o giustificazioni per il mancato sostegno alla rivitalizzazione, alla “lettura”, alla messa allo scoperto della gloriosa città. “Lasciamo che i morti seppelliscano i morti”.

Gianni Raviele