Il Dantedì e la Vergine Addolorata di Ferrari
Il Dantedì e la Vergine Addolorata di Ferrari. Oggi martedì 25 marzo si celebra il Dantedì. Una giornata intera dedicata al padre della lingua italiana, quando ricorrono i settecento anni dalla sua morte. Si celebra il 25 marzo perché, secondo gli studiosi è la data in cui inizia il viaggio nell’aldilà, descritto nella Divina Commedia.
Sommo poeta
Anche Il Caudino intende rendere omaggio al Sommo Poeta. Scegliere tra la sterminata opera del Ghibellin Fuggiasco non è stato semplice. Poi, abbiamo pensato che domani, venerdì di Passione, è la giornata dedicata alla Vergine Addolorata ed è una giornata molto sentita per i fedeli di Cerrvinara e non solo.
Per il secondo anno consecutivo, a causa del covid- 19, la Vergine non potrà uscire dall’Abbazia di San Gennaro a Ferrari che è anche santuario Mariano. Ed allora per omaggiare Dante Alighieri ed in segno di devozione per la Regina di Cervinara, le dedichiamo la preghiera che Dante fa pronunciare a San Bernardo da Chiaravalle nelle 33esimo canto del Paradiso.
Si tratta dell’invocazione più bella rivolta alla Madonna. Leggiamola ed il nostro pensiero vada all’Addorata.
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!».