Valle Caudina: la teoria dei buchi neri

Redazione
Valle Caudina: la teoria dei buchi neri

Valle Caudina: la teoria dei buchi neri. È ancora nelle sale cinematografiche il film dedicato alla figura di Robert Oppenheimer, il controverso e mai sufficientemente compreso responsabile del progetto Manhattan.

Grazie a questo film in molti avranno potuto apprendere come il fisico di origine tedesca sia stato, ben prima della vicenda legata all’atomica, uno dei più apprezzati studiosi delle prime teorie sui buchi neri. Saltando a pie’ pari tutto il resto della storia, sono lieto di annunciare alla comunità scientifica internazionale il ritrovamento di due nuovi buchi neri.

Essi sono stati rinvenuti a Moiano, nella Valle Caudina in provincia di Benevento, nel cuore della Campania, in Italia. Generosamente, devo ammettere, la NASA ha subito messo a disposizione un primo gruppo di studio volto alla ricerca di possibili e ulteriori rivelazioni.

Il primo dei due è stato notato sulla modanatura superiore del basamento della statua della Madonna della Libera, un foro che grazie alle immagini presentate non sarà difficile apprezzare nella sua vistosità.

Il manufatto tanto venerato è pur sempre un bene delicato che andrebbe gestito con molta accuratezza e senza pratiche avventuristiche come già ho avuto modo di denunciare tempo fa.

Se è indiscutibile la sua eminente funzione religiosa, altrettanto lo è la sua natura di prezioso frammento di un patrimonio storico-artistico ed etnografico importante. Sarebbe bene si capisse una buona volta come queste due istanze siano intimamente legate molto più di quanto la mancanza di conoscenza e di sensibilità permettano di sapere.

Sarà forse per un mero caso o per svogliatezza che il gruppo ligneo della Madonna nera sia stato nel tempo spostato dalla sua sede solo in occasione della processione dell’otto settembre?

Beninteso, un incidente può sempre accadere a chiunque così come chiunque può commettere una leggerezza. Ma quello che fa la differenza è affrontare con avvedutezza e intelligenza un episodio sfortunato e porvi rimedio, non senza però investire la comunità del problema. Non senza informarne sulle cause e sui possibili rimedi. Questo fa la differenza, non il silenzio poco coraggioso di chi guarda senza parlare.

La seconda singolarità della fisica teorica moianese è possibile osservarla nel portale tardo rinascimentale della chiesa di San Sebastiano. Dove, nel basamento di ingresso, si ritrova un altro vistoso buco nero.

Ora, chiunque può facilmente osservare lo sfregio insopportabile perpetrato ai danni di uno dei monumenti più insigni dell’intero territorio campano. Una figura di palta che ricade sulla intera comunità di Moiano. Si pensi allo sconcerto dei ricercatori del MIT quando si sono trovati di fronte a una cosa simile.

Ammetto di non essere stato capace di spiegare loro compiutamente le origini d’un tale fenomeno. Qualcuno ha ipotizzato un roditore dalle straordinarie capacità erosive, qualcun altro lo stillicidio di stelle boreali già scoperte dagli Inuit. Qualcun altro, ancora, una abnorme curvatura dello spazio-tempo avvenuta nel cranio di chi ha causato tutto questo.

È lecito a questo punto chiedersi quando siano avvenuti questi danneggiamenti, in quali circostanze e da chi? Non certo per un intento di tipo poliziesco, che non mi pertiene, ma proprio per quella ricerca della verità dei fatti senza la quale nessuno riesce più a capire alcunché. Annegando ogni giorno di più in una pozzanghera putrida di ipocrisia e viltà.

San Sebastiano, Santa Maria di Moiano. E si chiama Santa Maria di Moiano proprio perché da sempre incardinata nella storia e nella identità dei moianesi. Santa Maria di Moiano è dei moianesi. E ai moianesi è dovuta ogni spiegazione del caso.

E i moianesi dovrebbero esigere spiegazioni precise e puntuali. Già, i moianesi. Ormai troppo distratti dalla ossessione di allestire passerelle dove poter lucrare, con sprezzo del ridicolo, qualche minuto di fatua attenzione rivendicando meriti esistenti solo nella loro immaginazione egoriferita. Accade anche questo nel vedutismo dispercettivo contemporaneo.

Ma in tutta questa mefite da cortile, una buona notizia. Da ieri sono finalmente partiti i lavori urgenti per la riconnessione della copertura del tetto della chiesa di San Sebastiano e della messa in sicurezza delle corniciature della torre campanaria.

Poiché non tutti siamo uguali, non tutto è eguale, mi sembra opportuno segnalare finalmente un segno positivo proprio considerando come da troppo tempo un tale lavoro si rendeva necessario.

Le autorizzazioni della Soprintendenza sono state regolarmente ottenute già fin dallo scorso febbraio e i lavori autorizzati saranno eseguiti seguendo meticolosamente le indicazioni previste. Senza alcun deragliamento lisergico.

È chiaramente solo un primo passo nella direzione di una rinnovata attenzione nei riguardi di un luogo così significativo dopo esattamente venti anni dalla sua inaugurazione.

Dopo dieci anni di restauri, dopo trenta da quel Tommaso Giaquinto «ritrovato» che ha mostrato quanto sia irrinunciabile e tremendamente efficace la concretezza che solo può nascere dalla conoscenza. La prima senza la seconda è solo velleità, la seconda senza la prima è solo grido di dolore. E di rabbia. Dal lensing gravitazionale è tutto, il resto a seguire.

di Giacomo Porrino