Valle Caudina: noi, gli inventori della pernacchia

Il Caudino
Valle Caudina: noi, gli inventori della pernacchia

La leggenda vuole che la “pernacchia”- quel goffo suono emesso con la bocca semicoperta dalle mani ad imbuto- sia stata inventata qui, quando “abbiamo” fatto passare i romani sotto il giogo. “Abbiamo”. Si fa per dire, ovviamente. Si fa per rivendicare con orgoglio la nostra discendenza dai fieri Sanniti, quelli che umiliarono alle Forche Caudine l’esercito di Roma, usando, ancor prima che la forza bruta, l’astuzia e l’ironia.
E noi, ancora, ci fregiamo di cotanto atavico lignaggio, quasi dimenticando che, cinque anni dopo la battaglia narrata da Tito Livio, i Sanniti furono completamente decimati. È che non ci importa poi tanto delle disfatte e delle sconfitte, se, una volta, nella Storia, siamo stati veramente la Storia.
È il 321 a.C.. I Sanniti, reduci da sfortunose disfatte ad opera dei romani, si riorganizzano sotto il comando di Gaio Ponzio, che ha fatto accampare l’esercito Caudium. Intanto i romani, (che già, durante la prima guerra sannitica, gliene hanno suonate di brutto ed ora aspettano la stipula dei trattati di pace ) non hanno abbandonato il territorio dei nemici e lo stanno depredando.
A Gaio Ponzio viene l’idea: manderà dei soldati vestiti da pastori, che, ai nemici che li cattureranno, racconteranno dell’assedio, ad opera dei Sanniti, di Luceria, (in Apulia), città alleata di Roma. I romani non resteranno inerti, e si affretteranno per raggiungere la civitas amica. Certo, potrebbero percorrere la strada lungo l’Adriatico, ma quella è la via più lunga. L’altra, quella breve, è un po’ scomoda, passa per le strettoie e le gole di Caudio; ma bisogna fare in fretta. E allora si decide di attraversare « due gole profonde, strette, ricoperte di boschi, congiunte l’una all’altra da monti che non offrono passaggi, delimitano una radura abbastanza estesa, a praterie irrigate, nel mezzo della quale si apre la strada; ma per arrivare a quella radura bisogna prima passare attraverso la prima gola; e quando tu l’abbia raggiunta, per uscirne, o bisogna ripercorre lo stesso cammino o, se vuoi continuare in avanti, superare l’altra gola, più stretta e irta di ostacoli. ». (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, IX, 2, così descrive i luoghi, che buona parte degli storici fa coincidere con la zona compresa tra Arpaia e Arienzo, ritenuto il sito in cui si trovavano le famose “Forche Caudine”).
Se non che, gli astuti Sanniti hanno accerchiato i monti, e sbarrato con “tronchi d’albero e ammassi di poderosi macigni » il varco della seconda gola. Quando se ne accorgono, i Romani sono completamente accerchiati; comprendono in fretta che una battaglia sarebbe un massacro. Neppure l’idea di tornare indietro è geniale, dal momento che i Sanniti hanno sbarrato anche l’ingresso della prima gola, quella da cui hanno avuto accesso.
Ai poveri romani non rimane che la resa. Incondizionata. Certo, i Sanniti promettono di non massacrare l’esercito nemico; ma l’umiliazione è atroce: li “fecero passare sotto il giogo, disarmati, vestiti della sola tunica….innanzi a tutti i consoli, seminudi; poi subirono la stessa sorte ignominiosa tutti quelli che rivestivano un grado; infine le singole legioni. I nemici li circondavano, armati; li ricoprivano di insulti e di scherni e anche drizzavano contro molti le spade; alquanti vennero feriti ed uccisi, sol che il loro atteggiamento troppo inasprito da quegli oltraggi sembrasse offensivo al vincitore”.
E, tra le umiliazioni inflitte, oltre alla sodomizzazione, vi fu la prima pernacchia della storia.
Per dire: ce ne hanno fatte parecchie, di pernacchie, a noi Caudini…Ma vuoi mettere la soddisfazione di averle inventate?

Rosaria Ruggiero
gentedistratta.it