Violenza sulle donne: la Valle Caudina non è immune

Redazione
Violenza sulle donne: la Valle Caudina non è immune

Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, non è una data a caso. Ai tempi del dittatore Trujillo, nella Repubblica Dominicana, proprio in questo giorno, nel 1960, fu commesso un brutale assassinio: tre sorelle, di cognome Mirabal, considerate rivoluzionarie, furono torturate, massacrate, strangolate. I loro corpi furono gettati in un burrone simulando un incidente. Da quel giorno le cose non sempre sono cambiate: basti pensare alle bambine dell’India che quasi ogni giorno vengono stuprate e uccise, ma anche a casa nostra, dove la violenza contro le donne è spesso nascosta in ambito domestico.
La Valle Caudina non è immune da questo brutale fenomeno.
Agnese oggi avrebbe 46 anni, Teresa, invece, 28. L’otto dicembre saranno trascorsi 16 anni dalla strage dell’Immacolata di San Martino Valle Caudina. Allora non si parlava ancora di femminicidio, ma gli uomini hanno sempre ucciso e fatto del male alle donne.
Lo hanno fatto anche in maniera più cruenta del solito, in quanto Romeo Iachetta, quel giorno decise di cancellare tutta la sua famiglia, facendo saltare in aria la palazzina a due piani in via Crocevia. Prima, però, accoltellò la moglie e la figlia Teresa, che di anni ne aveva dodici, che tentò invano di proteggere la mamma. Solo a pensare a quella ragazzina che tenta di fare scudo con il suo corpo alla mamma, viene la pelle d’oca. Fortunatamente, l’estremo sacrificio della mamma e di Teresa, riuscirono a mettere in salvo gli altri tre figli. In una giornata come questa, dedicata a dire no alla violenza sulle donne, ci è sembrato giusto ricordare questa tragedia dell’otto dicembre del 1999. Passano gli anni, si cambia paese, arriviamo a Cervinara, ma non cambia l’efferatezza e la crudeltà dei gesti. Elisa Affinita aveva 40 anni. Il 17 agosto del 2011 in un pomeriggio assolato, era tornata da una dura giornata di lavoro tra i campi. Al ritorno l’attende il marito, Michele Rivetti, sull’uscio della porta, in via San Cosma. L’attende non per abbracciarla o per consolarla, ma per spararle un colpo di pistola al petto e mettere fine alla sua vita. Storie di vite spezzate, storie crudeli, che fanno capire come la violenza sulle donne non sia avulsa, purtroppo, dalla Valle Caudina. Anzi, queste proprio a causa della loro drammaticità sono uscite dal cono d’ombra, in cui se ne trovano ancora tante, troppe.
Anche quelle sono fatte di sangue, di botte, di violenze sessuali, psicologiche, di torture vere e proprie, ma spesso manca la forza, il coraggio per farle venire fuori. Sono storie di donne e di piccoli uomini.
Sono storie che faticano a venire fuori, per tanti motivi. C’è la paura di denunciare, la speranza che quelle bestie possano tornare umane, c’è anche un maledetto senso di colpa, come se quelle botte le meritassero. Ad ascoltare e raccogliere certe storie, restiamo senza parole. Non abbiamo certo la soluzione, magari ce ne fosse una sola, ma sappiamo solo che bisogna denunciare, e soprattutto educare le nuove generazioni al rispetto per la donna. Solo così si può tentare di infrangere il muro di omertà, il silenzio assordante che avvolge queste vite.

Peppino Vaccariello